da prof. G. Bavestrello (UnivPM – Dip.to di Scienze del Mare Biodiversità marina tropicale... )
La formazione geologica del Mediterraneo ha origini antichissime ed è il risultato di un’evoluzione piuttosto complessa. Per comprendere quanto è accaduto dobbiamo rifarci a circa 230 milioni di anni fa, quando tutte le terre emerse erano riunite in un unico continente, Pangea, ed esisteva un solo vastissimo oceano denominato Panthalassa. Questo presentava già allora un grande golfo equatoriale con acque relativamente poco profonde e ricco di vita: Tetide. Secondo le ormai note teorie della deriva dei continenti e della tettonica a placche, Pangea si separò in due grandi blocchi continentali: Laurasia a Nord, comprendente l’America settentrionale l’Europa e l’Asia, e Gondwana a Sud comprendente l'America meridionale, Africa, Oceania e Antartide. Tetide si espanse e questi due grandi blocchi continuarono a frammentarsi ed allontanarsi fino a formare gli attuali continenti ed oceani.
130 milioni di anni fa il processo di espansione della Tetide si arrestò nel Cretaceo inferiore, , e il moto fra le placche Africana ed Eurasiatica si invertì. L’avvicinamento e la rotazione in senso antiorario dell’Africa provocarono la chiusura ad oriente della Tetide.
45 milioni di anni fa (Eocene) l’Africa e l’India entrarono in collisione con l’Europa e l’Asia, dando avvio alla formazione delle catene delle Alpi e dell’Himalaya tuttora in corso. Già allora l’estensione dell’originale Tetide era ridotta a poco più dell’attuale Mediterraneo.
30 ai 13 milioni di anni fa ci fu la formazione del promontorio balearico, e dalla rotazione del blocco Sardo-Corso,
15-10 milioni di anni fa ci fu ci fu la formazione degli Appennini e l’apertura del Mar Tirreno. Nella porzione meridionale di questo giovane bacino troviamo fosse oceaniche profonde oltre 3600 m e imponenti montagne sottomarine di origine vulcanica
Alla fine del Miocene (6-7 milioni di anni fa) si verificò un importante episodio nella storia geologica del nostro mare: a causa del continuo avanzamento dell’Africa contro l’Europa si chiuse lo stretto di Gibilterra, che assicurava il collegamento con l’Oceano Atlantico, e il Mediterraneo diventò in breve tempo un immenso lago salato.
Nel Mediterraneo, fino ad allora, le acque erano ben ossigenate, con una salinità intorno al 35 ‰ e una temperatura decisamente più alta dell’attuale, consentendo così l’esistenza di numerosi organismi tipici degli ambienti tropicali di oggi.
La chiusura del collegamento con l’Atlantico determinò la cosiddetta "Crisi di salinità" del Messiniano durante la quale vi fu un profondo deficit idrologico, con la conseguente deposizione di enormi quantitativi di "sali" come se si trattasse di una immensa salina.
La crisi durò appena un milione di anni e, dopo vari inondamenti e successivi prosciugamenti del bacino. Si formarono così depositi di "evaporiti" con enormi spessori che ancora oggi si trovano sotto i sedimenti marini più recenti. Testimonianze emerse dei depositi messiniani sono rappresentate ad esempio dagli affioramenti dalla famosa "vena del gesso" che decorre lungo gli Appennini centro settentrionali.
Il Mediterraneo come poteva apparire durante la crisi di salinità del Messiniano (Hass, 1978; modif.). |
5 milioni di anni fa lo stretto di Gibilterra si riaprì definitivamente permettendo il reingresso delle fredde acque Atlantiche e delle relative forme di vita.
Attualmente, il Mar Mediterraneo, con la sua lunghezza massima di oltre 3800 km e la larghezza massima di 1800 km, rappresenta circa l’1 per cento della superficie liquida della Terra. Ha una profondità media di 1370 m ed una profondità massima di 5120 m a sud della Grecia. I margini continentali sono estesi soltanto nel Mar Adriatico, nel Golfo della Sirte e alla foce del Nilo, zone dove sono meglio rappresentate sia le risorse biologiche sia quelle minerarie.
Il ruolo svolto dallo stretto di Gibilterra è fondamentale per la sopravvivenza delle forme di vita del Mar Mediterraneo: anche se la sua estensione e la sua profondità sono limitate, il continuo apporto di acque dall’Oceano Atlantico impedisce l’abbassamento del livello marino causato dall’eccessiva evaporazione, che altrimenti sarebbe di circa 1 metro l’anno, portandolo al totale prosciugamento in appena 1000 anni, (Gazale-Porcheddu, 1991).
Il ricambio idrico del bacino attraverso lo stretto di Gibilterra, largo appena 13 km e profondo circa 300 m, è estremamente lento: le acque superficiali sono ricambiate ogni 80-90 anni mentre si stima che l’intero volume venga rinnovato in un arco di tempo di circa 7500 anni.
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