Passa ai contenuti principali

Lezione II - Il Particolarismo

In questa lezione ci proponiamo di fare un'analisi della mentalità medievale. Faremo un elenco di parole chiave e di concetti per interpretare un periodo profondamente diverso dalla nostra età.
Ritengo che due concetti base per interpretare il Medioevo siano quelli ben distinti, ma, tra loro, strettamente legati di:

Particolarismo e Immobilismo. 

Il secondo (a cui sono connessi i concetti di mentalità dogmatica e di conseguenza di quello Allegorismo, il Principio di Auctoritas, la visione provvidenziale della Storia..... ) è ben rappresentato la poema di Adalberone di Laon che abbiamo già esaminato.
Il Particolarismo lo abbiamo esaminato a partire dalle rubriche del Codice Bavaro (dal quale ben si vedono i concetti di poteri multiplila, mancanza di senso della Storia e isolamento)


PARTICOLARISMO è l'esasperata polverizzazione del potere centrale Re e Città perdono il controllo del territorio. Teoricamente L'Europa è organizzata così:

- Contee, governate dai Conti, che in nome, del Re dovevano risolvere i problemi giudiziari, politici e amministrativi (dovevano tenere almeno tre placiti l'anno). Essi inoltre dovevano allestire e condurre l'esercito della contea.
Nel Regno d'Italia e in Francia la sede dei conti era generalmente una città, in Germania furono riuniti più villaggi e cantoni.
Spesso già ai tempi di Carlo furono investiti dell'onore comitale i Vescovi.
- Marche, governate dai Mangravi, funzionavano come le contee, ma essendo poste ai confini del Regno erano più grandi per avere eserciti più forti.
- Ducati, retti dai Duchi, erano contee che mantenevano il vecchio titolo longobardo. Erano diffusi soprattutto in Italia e il Baviera.
- Le terre demaniali ossia di proprietà personale de re e della sua famiglia erano gestite dai Vassi dominici, che erano conti, abati e vescovi che governavano le terre di proprietà personale del re e accanto alla carica pubblica aggiungevano l'onore dell'omaggio vassallatico.
Il sistema dell'omaggio vassallatico veniva replicato anche negli strati inferiori e presto al legame personale tra due persone si aggiunse la concessione di un elemento materiale detto Beneficium (o feudo): un conte poteva così concedere dei feudi a propri vassalli.Teoricamente i rapporti tra i conti e il sovrano erano esclusivamente personali. Alla morte di uno dei due la Contea o il feudo veniva devoluta al Re e l'accordo andava ricontrattato. Nella prassi però contee e feudi vennero progressivamente considerati proprietà dei beneficiari.
Nell'877 Carlo il Calvo riconobbe l'ereditarietà dei feudi maggiori, ma fu solo il primo passo. La Constitutio de Feudis del 1037 sancì l'ereditarietà dei feudi minori anche sul piano legale.

Le Marche del nord facevano storicamente  della Pentapoli. Il territorio, bizantino, dopo la Guerra Gotica era stato offerto al Patriarca di Ravenna . Dopo lo scisma seguito alla svolta iconoclasta degli Imperatori l'Esarcato di Ravenna si comporta da stato sovrano.  
Lo stesso faceva anche il Ducato di Roma, che doveva teoricamente rispondere politicamente all'esarca. In realtà tanto a Ravenna quanto a Roma l'autorità che di fatto ha un potere non è quella politica, ma quella religiosa. Il Patriarca arcivescovo e il Papa sono i più ricchi proprietari terrieri della zona, hanno la dignità di giudici imperiali  e la custodia delle anime.

Gli Appennini e l'invasione longobarda ormai separano fisicamente la Romania in due entità statali fisicamente separate. Inutile dire che il Papa è tutto contento dell'arrivo di sippen di Germani sulle colline del centro Italia.

Nei nostri territori non si riscontra il modello feudale descritto dal libro. Sappiamo che il Patriarca di Ravenna è rimasto proprietario di MASSE e LATIFONDI e, poiché non può amministrare direttamente tante vaste e lontane proprietà preferisce assegnarle in enfiteusi (vedi La città delle frottole: Eccellenza, io vi domando...).
Gli enfiteuti sono guerrieri, ecclesiastici e semplici lavoratori vincolati a contratti di 25-100 anni. (E poi si dice lasocietà immobile)
Tutte queste cose, per i secoli VII-X, sono raccontate nel Breviarium Ecclesiae Ravennatis il cosiddetto Codice Bavaro, ravennate, ma conservato presso la Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera, e versione digitale, 
accessibile ai curiosi di tutto il mondo in 
[stampa la versione cartacea]

Dall'analisi delle rubriche del Codice Bavaro sappiamo che intorno all'anno Mille i vari popoli che avevano invaso l'Italia parlavano ormai la stessa lingua e avevano iniziato a mescolarsi, tuttavia erano ancora ben riconoscibili concentrazioni etniche  se guardiamo al nostro territorio sappiamo che: 

- I Longobardi si erano fermati un po' qua e un po' là su tutte le colline (ce lo dicono l'onomastica e la toponomastica); intorno al Musone sappiamo che erano a Filottrano, San Biagio di Osimo, San Biagio di Filottrano, Sala Rupta di Camerano etc...
- Franchi a Offagna
- Bulgari, che erano truppe semi-mercenarie al servizio del re dei Longobardi, avevvano il loro habitat in fondo ai fossi: Rosciano, Scaricalasino, Baraccola
- I Bizantini erano concentrati a S. Stefano, San Paterniano, Ancona (antroponimo Apolloni)

L'enfiteusi e il sistema dei feudi altrove sono alla base del Particolarimao, perchè favoriscono rapporti di fedeltà personale e di conseguenza la dissoluzione dello stato unitario
Ci appare chiaro che che ogni territorio si sente autonomo, che gli enfiteuti si sento padroni dei fondi che coltivano, chi vincoli di amicizia e dipendenza economica sono personali e che ci sia una buona dose di anarchia.

Città spopolate, latifondi immuni, economia autosussistente chiusa (sebbene ci siano prodotto  che si continuano a commerciare come SALE, SETA e SPEZIE ). postamenti più difficili sul Mediterraneo e e sulle strade romane, come dice anche i libro, completano il quadro del Particolarismo.

Commenti

Post popolari in questo blog

Cori descrittivi di stati d’animo di Didone, Giuseppe Ungaretti

Da lechat93.wordpress.com [...] un suggestivo viaggio alla scoperta di Giuseppe Ungaretti, quello più complesso e allegorico. Le sue parole dicono sempre di più di quel che sembra, chiaro, l’avevamo capito, ma che potesse arrivare a tanto non l’avrei mai immaginato. Classicità e modernismo, Virgilio e Leopardi, Tasso e Freud.. Che dire..ce ne sarebbero di cose da dire. Forse un giorno (magari a luglio) metterò insieme gli appunti di oggi perché ne vale davvero la pena! Per il momento non posso far altro che riportare le parole di Ungaretti che nascondono così tanti significati e, ancora una volta, essere felice. Perché sarà sciocco ma queste cose mi fanno sentire viva, privilegiata, fortunata e estremamente felice. * dimenticavo.. ecco come Ungaretti parla della sua opera: “Sono 19 cori che vogliono descrivere drammaticamente il distacco  degli ultimi barlumi di giovinezza da una persona, oppure da una  civiltà, poiché anche le civiltà nascono, crescono, declinano e  muoiono. Qu

La bottega dello storico: l'incoronazione di Carlo Magno

Lo Storico è lo scienziato che si occupa  di scrivere la storia degli avvenimenti che hanno coinvolto l’umanità. Come fa? Come lavora uno storico? Innanzitutto va chiarito che lo storico scrive la sua interpretazione dei fatti basandosi sulle fonti storiche. Il procedimento si articola in cinque fasi: Si ricercano le fonti   Si analizzano le fonti e si stabilisce se sono vere o false  Si catalogano documenti e reperti, si determina la loro provenienza e se ne propone una datazione.  Si confrontano le fonti  Si collocano i fatti in ordine cronologico e se ne propone un'interpretazione. raccontano. 25/12/800: L'incoronazione di Carlo Magno, un confronto tra le fonti  a cura di Camilla Galeazzi e Kevin Paoltroni L’evento dell’incoronazione è ampiamente documentato, ma sul modo in cui questa avvenne le fonti presentano per ognuna sfumature e particolarità di notevole interesse. Dell’incoronazione imperiale possediamo sei diversi resoconti. Quattro di

Lezione V: Primi documenti e primi testi in volgare

https://www.raiplay.it/video/2017/03/Il-tempo-e-la-Storia---La-nascita-della-lingua-italiana-del-13032017-a63a8cc8-b540-4a85-876d-d26a4d23afd7.html Tra latino e italiano: i primi documenti in volgare  (da  Luzappy.eu  e altri) La frantumazione politica dell’Impero romano non distrusse la cultura lati­na, intesa qui come lingua quotidiana; aggiunse invece elementi nuovi, per trasformare sempre più, nonostante la volontà frenante della scuola e dei grammatici, il sistema linguistico. Anche i Longobardi furono veicolo di novità, fin quando nel 774 Carlo Magno li sconfisse, per poi rifondare l’impero, volendo ricom­porre l’unità politica, religiosa, culturale (e, perciò, linguistica). Ma una lingua non si impone; il popolo, disperso nelle campagne dei feudatari o accolto nelle corti, continuò a sentire sempre più incomprensibile il latino, che proprio per la riforma carolingia, diventava «altra lingua» rispetto a quella parlata dalle masse ed ormai era soltanto la lingua ufficiale