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GSMA02 Le vie di comunicazione marine

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Due modi di navigare

L'appropriazione degli spazi marini da parte dei Greci e dei Fenici è caratterizzata dalla repentina creazione di collegamenti da una sponda all'altra del Mediterraneo, nord-sud, ma soprattutto est-ovest. Il regime dei venti e delle correnti ha profondamente condizionato la navigazione antica e le sue rotte, dando luogo a due distinti ambiti: 

- L'esistenza sottocosta di correnti e controcorrenti, unite all'alternanza di brezze di terra e di mare, favoriva la navigazione di cabotaggio. Era una navigazione lenta e di piccolo tonnellagio, a relativamente sicura e possibile durante tutti i medi dell'anno. Il pericolo maggiore erano i pirati, il limite è che realizzava solo collegamenti locali, non quei collegamenti tra aree distanti che ci appaiono come il motore dello sviluppo europeo.

- la navigazione d'altura e consentiva i collegamenti oltremare. Questa navigazione era condizionata dalla circolazione antioraria delle correnti e dai venti dominanti da nord-ovest, che imponevano un ritmo stagionale. Per esempio per trasportare il grano dall'Egitto a Roma si dovevano anticipare i venti Etesii che spirano potenti e contrari a partire da luglio.

Generalmente il periodo dell’anno considerato utile per navigare si chiudeva prima, tra la fine di settembre e gli inizi di ottobre; l’estensione massima è documentata da Vegezio (L’arte della guerra, IV, 39), autore del IV sec. d.C., il quale riferisce che la navigazione poteva considerarsi sicura dal 27 maggio al 14 settembre, mentre nel periodo compreso tra il 14 settembre e il 10 novembre era incerta, dunque sconsigliata. Dopo questa data iniziava il mare clausum; l’attività nautica non si arrestava completamente, ma il grosso della navigazione riprendeva dopo il 9 marzo, pur con un margine di rischio fino al 26 maggio


- Una difficoltà è quella di orientarsi lontano dai riferimenti costieri. Riguardo alla latitudine i piloti potevano orientarsi facilmente con le stelle e la posizione del sole.
Straordinario al riguardo il dialogo tra Pompeo e il piota della nave che dopo la sconfitta di Farsalo, lo conduce in Egitto (Pharsalia, VIII, 165-184)


Saepe labor maestus curarum odiumque futuri
proiecit fessos incerti pectoris aestus,
rectoremque ratis de cunctis consulit astris,
unde notet terras, quae sit mensura secandi
aequoris in caelo, Syriam quo sidere servet,
aut quotus in Plaustro Libyam bene dirigat ignis.
Doctus ad haec fatur taciti servator Olympi:
"Signifero quaecumque fluunt labentia caelo,
numquam stante polo miseros fallentia nautas,
sidera non sequimur; sed qui non mergitur undis
axis inocciduus gemina clarissimus arcto,
ille regit puppes. Hic cum mihi semper in altum
surget et instabit summis minor Ursa ceruchis,
Bosporon et Scythiae curvantem litora Pontum
spectamus. Quicquid descendet ab arbore summa
Arctophylax propiorque mari Cynosura feretur,
in Syriae portus tendet ratis. Inde Canopos
excipit australi caelo contenta vagari,
stella timens borean; illa quoque perge sinistra
trans Pharon, in medio tanget ratis aequore Syrtim.


Pare che le navi greche si servissero per l’orientamento dell’Orsa Maggiore, mentre quelle fenicie dell’Orsa Minore, ma non per il fatto che in essa vi era la Stella Polare. A quel tempo infatti – siamo nel III millennio a.C. – la prima stella del timone del Piccolo Carro non segnava il polo nord celeste, il quale si trovava invece nella costellazione del Drago. I Fenici piuttosto preferivano l’Orsa Minore perché era una costellazione che era sia piccola sia vicina al polo celeste, combinazione questa che faceva sì che la sua rotazione quotidiana tracciasse nel cielo un cerchio di diametro contenuto e le sette stelle, a differenza dell’Orsa Maggiore, rimanessero sempre visibili nella stessa zona di cielo. Manilio (Dell’astronomia, I, 294-302) dedica a questo fatto una spiegazione ampia:


 “Occupano la sommità di questo [Polo Nord celeste] quelle costellazioni notissime ai miseri naviganti, / costellazioni che li guidano, bramosi, per l’immenso mare. / La maggiore, Elice, descrive un arco maggiore / sette stelle, gareggianti in splendore, ne formano l’immagine: / sotto la sua guida le navi greche spiegano le vele tra i flutti. / La piccola Cinosura si muove in un’orbita più stretta, / minore per spazio e per luce; ma, a giudizio dei Tirii, / vince la maggiore. Questa è la guida più sicura per i Cartaginesi / quando cercano la terra che dal mare non appare”
(traduzione da Liuzzi 1995).



Tale contrapposizione, interpretata anche come una specie di cliché letterario diffuso nelle fonti, sembra testimoniare l’effettiva esistenza di due tradizioni nautiche diverse.  Rispetto all’Orsa Maggiore, l’Orsa Minore è meno luminosa e, per questo, risulta più difficile da individuare in cielo (in presenza di un’atmosfera non perfettamente limpida comincia ad offuscarsi prima della Maggiore, dunque, percentualmente, la sua buona visibilità risulta meno costante). Tuttavia, Manilio sottolinea che i Cartaginesi si affidavano alla sua guida quando intraprendevano i viaggi d’alto mare. La spiegazione andrà ricercata nella pratica delle navigazioni di lungo corso condotte dai Fenici fin dagli inizi della loro espansione verso occidente. La tradizione storica sulle fondazioni di Utica, Cadice e Lixus, attesta che i Fenici affrontarono viaggi esplorativi e coloniali lunghissimi, certamente molto impegnativi, in un’epoca che precedette la grande colonizzazione greca iniziata nell’VIII sec. a.C. Al precoce superamento delle Colonne d’Eracle seguì la discesa lungo le coste atlantiche dell’Africa, come attesta la documentazione archeologica almeno fino all’altezza di Mogador, fattoria di carattere stagionale attiva dal VII sec. a.C. e situata a circa settecento chilometri dallo stretto
Dal punto di vista prettamente nautico, Fenici e Cartaginesi dovettero trovare utile il fatto che l’Orsa Minore, essendo la costellazione più vicina al Polo Nord celeste era, ed è, la costellazione che rimane circumpolare più a lungo. 

Il Fragm. Vat. spiega che:
Su questa costellazione fanno affidamento i Fenici 
e in realtà da loro essa prende l’onore di essere 
chiamata Fenice. (Fragm. Vat.)

P.S.: Cinosura, Elice ed Artofilace: Una variante della mitologia dell’Orsa Minore indica la costellazione come Cinosura. Questa era una ninfa che, insieme a un’altra di nome Elice, accudì Zeus quando la madre Rea lo portò sull’isola di Creta affinché il padre Crono non lo inghiottisse come faceva con tutti i suoi figli. Una profezia infatti gli aveva rivelato che egli sarebbe stato detronizzato da uno di loro e così, per evitarlo, il dio li ingoiava dopo che Rea li aveva partoriti. Ma per l’ultimo di essi, la dea rifiutò di vederlo subire lo stesso destino. Su consiglio dei genitori Urano e Gea, si recò a Creta, per darlo alla luce lì, lontano dagli occhi di Crono. Lo affidò ai Cureti, i primi sacerdoti di Zeus, insieme ai quali vivevano anche Cinosura ed Elice che si presero cura del piccolo. Rea tornò dallo sposo porgendogli invece una pietra avvolta in fasce e il dio la inghiottì credendola l’ultimo nato. Cresciuto, Zeus avrebbe compiuto la predizione divenendo il nuovo re dell’universo e liberò i suoi fratelli dal ventre del padre, che li vomitò uno dopo l’altro a partire dal sasso. Artofilace è la stella Arturo.

Il riconoscimento di questa eccellenza nautica appare con maggior chiarezza. In un passo di Senofonte (Economico, VIII, 11-17), per esempio, viene descritto lo straordinario ordine con cui erano tenute le attrezzature di bordo su una nave fenicia. Si tratta di una notazione molto interessante, poiché l’ordine e la cura delle attrezzature di bordo sono diretta espressione della qualità e dell’esperienza dell’equipaggio, dipendendo da esse l’efficienza delle manovre e la sicurezza della navigazione. Intervistato da uno dei protagonisti del racconto, il proreta, l’ufficiale di prua aiutante del comandante, risponde che mantenere in perfetto ordine la nave è condizione assolutamente necessaria, soprattutto quando ci si trova a dover affrontare una tempesta ed è necessario agire con rapidità e sicurezza


“Straniero, controllo, nel caso che dovesse succedere qualcosa, come sono conservate le cose nella nave, se qualcosa manca o se è difficile da usare. Quando il dio scatena la tempesta sul mare, disse, non è possibile andare in cerca di quello che serve, né si può dare un attrezzo difficile da usare. Il dio è ostile ai pigri e li punisce. Ci si deve accontentare se soltanto evita di distruggere quelli che non fanno errori, e, se salva coloro che lo servono nel modo migliore, si devono rivolgere molte grazie agli dei” (traduzione di Carlo Natali).

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