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Editto dei prezzi massimi del 301

Nel 301, cioè nel diciottesimo anno di regno, Diocleziano si decide a emettere uno dei provvedimenti più articolati del suo principato e lo fa con il consenso degli altri tre tetrarchi che, infatti, compaiono tra i firmatari della legge: si tratta del celeberrimo edictum de pretiis rerum venialum, cioè della legge sui prezzi delle merci. Questo testo ha un'innegabile valore storico, al di là degli effetti che produsse, giacché fotografa, involontariamente ma necessariamente, la realtà economica dell'impero nelle sue varietà merceologiche, nel numero, la retribuzione e la forma degli emolumenti dei diversi mestieri artigiani, nel numero dei porti e degli scali marittimi e delle rotte commerciali.

Insomma fornisce una messe di notizie davvero notevole, notizie che possono essere usate anche retrospettivamente. Diocleziano e i suoi colleghi censiscono tutto.


Le unità di misura utilizzate sono, solitamente, il modium castrense, per i prodotti agricoli, la libbra per quelli alimentari, il mezzo litro per i liquidi, la giornata di lavoro o il caput, lasingola prestazione d'opera, per i lavoratori. A mo' di esempio apriamo due titoli del decreto.

Per saperne qualcosa di più vi consiglio di 
  1. leggere questo sito, un po' vecchietto ma pieno di contenuti: Appendice romana | Editto sui prezzi
  2. Editto dei prezzi massimi di Diocleziano, frammenti di testo sopravvissuti. 
Poi, quando sarete esperti completate la presentazione dell'Editto dei prezzi di Diocleziano, magari dopo esservi andati a vedere come si fa una bella presentazione, aggiungete altri dati in pagine nuove.
Mi raccomando: 1 informazione per 1 slide, mai più di così.

Il testo dell'editto è tratto da: Bibliotheca Augustana, Appendice romana propone un "breve e curioso sommario di quanto contenuto nel documento"

Nella Praefactio che è un lungo preambolo della legge vengono esposti le motivazioni di fondo del provvedimento che sono sociali e carismatiche ad un tempo. Si scrive, oltre ai passi già citati "quis enim adeo optumsi pectoris et a sensu humanitatis extorris est, qui ignorare possit, immo non senserit in venalibus rebus, quae vel in mercimoniis aguntur vel diurna urbium conversatione tractantur, in tantum se licentiam difusisse pretiorum, ut effrenata livido rapiendi nec rerum copia nec annorum ubertatibus mitigaretur?". In buona sostanza gli imperatori scrivono che non si può ignorare il fatto che si è affermata una libertà nello stabilire i prezzi che non ha più relazioni con l'andamento della produzione agricola ed è solo prodotto dell'attività di speculatori.
Nel De Frugibus si fissa il prezzo del frumento (cento danari per modium), dell'orzo (sessanta), della segala (sessanta), del miglio trattato (cento) e di quello grezzo (cinquanta), della fave sgusciate (cento) e di quelle intere (sessanta), delle lenticchie (cento), dei ceci (cento).
Nel De Vinis si fissa il prezzo in danari di mezzo litro di vino Piceno, Tiburtino, Sabino, Sorrentino e Falerno (trenta danari), dei vini invecchiati di prima scelta (ventiquattro) e di seconda (sedici).
Nel capitolo De Oleis si stabiscono i prezzi per mezzo litro di olio che, a seconda della qualità, variano da un massimo di quaranta danari a un minimo di otto; l'aceto costa sei danari; il miele di prima qualità vale quaranta danari e quello di seconda scelta ventiquattro.
Il De Carnis dispone il prezzo di numerosissime tipologie di carne, quella di maiale (dodici danari alla libbra), di bue (dodici), di capra (otto), del lardo (sedici), della salsiccia lucana ricavata dal maiale (sedici) e quella ricavata dai bovini (dieci), un fagiano di allevamento (duecentocinquanta) e quello selvatico (centoventicinque), mentre una femmina del fagiano costa duecento danari se in allevamento e cento se selvatica, così come l'anitra allevata e non, il pollo vale sessanta danari, mentre la pernice trecento, la tortora scende a sedici danari, la lepre centocinquanta, dieci passeri sedici danari e dieci storni venti, una libbra di agnello costa dodici danari.

Nel capitolo De Piscis si determina il prezzo del pesce di mare di prima scelta a ventiquattro danari e di quello di seconda a sedici, quello di fiume dodici e otto, invece; le sardine sedici danari alla libbra.
Nel De Oleribus abbiamo i prezzi imposti per cinque lattughe di prima scelta in quattro danari e di seconda qualità in due danari; dieci porri di prima qualità costano quattro e due di seconda scelta, anche dieci rape costano quattro e di seconda qualità valgono la metà; dieci cocomeri sono anch'essi quattro denari e due danari se di seconda scelta; cinquanta asparagi selvaggi quattro danari e cento castagne costano anch'esse quattro danari; un uovo vale un danaro; poi vengono i diversi tipi di mele: dieci granata costano otto danari, della qualitàCydonea la metà; mezzo litro di latte di pecora o capra viene otto danari mentre una libbra di formaggio non stagionato ne costa otto.
Poi viene l'articolo dedicato al costo della forza lavoro, il De Mercedibus Operariorum. Una giornata di lavoro di un operaio agricolo esperto va pagata venticinque danari; cinquanta denari è la paga giornaliera di un fabbro esperto; un muratore esperto guadagna cinquanta danari; un marmista raggiunge il salario quotidiano di sessanta denari, come il mosaicista; un pittore di pareti guadagna settantacinque danari se specializzato in raffigurazioni ne ottiene centocinquanta; un pastore riceve venti danari al giorno mentre un mulattiere venticinque; il barbiere può chiedere due danari a taglio; un maestro di grammatica latina e greca duecento danari, mentre un avvocato mille danari; il balneatore due danari a lavaggio.
Nel De Pellibus viene determinato che, secondo un'unità di misura non specificata, le pelli di Babilonia debbono costare cinquecento danari, se di primascelta, e quattrocento in caso contrario, la pelle di Fenicia cento, il cuoio di bue grezzo cinquecento, la pelle di capra quattrocento, quella di lupo venticinque, il castoro venti, d'orso cento, la pelle di leopardo e quella di leone mille danari.
Nell'articolo dell'editto dedicato alle calzature, De Formis Caligaribus, si scrive che un paio di scarpe militari valgono cento danari, centocinquanta denari le calzature patrici e cento le calzature dei senatori, sessanta quelle femminili, settanta quelle per l'ordine dei cavalieri.
Nel decimo capitolo De Locramentis si tratta infine dei prezzi delle bardature, armamenti e finimenti delle cavalcature, muli, asini e cavalli.

Vino ordinario,il litro. . . . . . .’’6
Olio ordinario’’. . . . . . .’’8
Carne di porco,la libbra. . . . . . .’’12
Carne di bue’’. . . . . . .’’9
Carne di montone, di capra,
. . . . . . .’’9
Lardo di I.ª qualità’’. . . . . . . .’’18





Un pajo di anitre. . . . . . .’’18
Una lepre. . . . . . .’’55
Un coniglio. . . . . . .’’18
Ostriche,al 100. . . . . . .’’36

Un pajo di polli





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