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La Guerra gotica - Belisario e l'assedio di Ravenna

La guerra gotica di Procopio di Cesarea ci racconta la più tragica guerra che fu mai combattuta sulla nostra patria. Soltanto la II Guerra mondiale, 1400 anni dopo, interessò la nostre città in maniera altrettanto pesante. Ma il Fronte della Guerra del '40-45 gravò sull'Italia per meno di tre anni. La guerra Greco-Gotica ne durò venti e le conseguenze furono devastanti.
Teodorico aveva restaurato le strade e ricostruito le condotte dell'acqua. Venti anni più tardi gli acquedotti tagliati da Belisario rimasero guasti e le città assediate non ebbero più l'acqua corrente fino all'Unità d'Italia.

Tante città furono:
  • conquistate (Roma 536-546-547, Narni 536-553, Spoleto 536-544-553, Fiumicino 537, Verona 539, Ravenna 540, Cesena 541, Rocca Pertusa 541, Urbino 541, San Leo 541, Napoli 543, Assisi 545, Spoleto 545; Civitavecchia 549-555, Taranto 550, Rimini 550, Perugia 554, Brescia 561) 
  • a lungo assediate (Palermo 535, Roma 537, Osimo 538, Urbino 538, Rimini 538, Firenze 541, Otranto 544, Perugia 546, Rossano 550, Crotone 551, Ancona 552, Cuma 553, Lucca 553, Conza 561, Verona 561) 
  • ferocemente saccheggiate (Napoli 536, Genova 539, Roma 549, Sicilia 551) 
  • rase al suolo (Milano 538) 
Le conseguenze della guerra si fecero sentire sull'Italia per alcuni secoli, anche perché la popolazione, per non essere coinvolta, aveva abbandonato le città per rifugiarsi nelle campagne o sulle alture fortificate meglio protette, portando a compimento il processo di ruralizzazione e di abbandono dei centri urbani. Metropoli che erano state prospere per secoli furono abbandonate e di loro rimase soltanto il nome (Urbs Salvia, Luni, Potentia, Chiusi, Ostra, Conza etc...). La foresta e la palude presero possesso delle pianure. Gli uomini si rifugiarono in collina o nelle isole. Anche se le cifre delle vittime riportate da Procopio sono forse esagerate, si può stimare che buona parte della popolazione italiana fosse stata decimata dagli assedi, dalle carestie e dalla peste

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Assedio di Ravenna

L'assedio si rivelò però difficile per la resistenza delle mura. Durante l'assedio poi arrivarono all'accampamento due senatori inviati come ambasciatori da Giustiniano che informarono Belisario che Giustiniano avrebbe concesso la pace ai Goti alle seguenti condizioni:


« ...Vitige, serbatasi la metà del regio tesoro, signoreggerà la traspadana regione e l’imperatore avrà l’altra parte delle ricchezze, ed un tributo annuo da tutti i Cispadani. »
(Procopio, La Guerra Gotica, II, 29.)

Quando Giustiniano decise di ristabilire il dominio imperiale in Italia, nel 535 aggredì il Regno degli Ostrogoti, che si estendeva su Italia, Provenza, Norico, Dalmazia e Pannonia, affidando la riconquista allo strategos autokrator (generalissimo) Belisario.

Belisario in breve tempo conquistò la Sicilia e l'Italia meridionale, compresa Roma, ma la controffensiva gota sotto il loro nuovo re Vitige non tardò ad arrivare: essi assediarono Roma, dove si era rinserrato l'esercito di Belisario, per più di un anno (537-538) senza però riuscire a riconquistare la città eterna.

Le operazioni subirono un rallentamento a causa dell'arrivo in Italia del generale Narsete, che disunì l'esercito, ma alla fine del 539 Belisario, sottomessa l'Italia a sud del Po, poté porre assedio alla città di Ravenna, dove si era rifugiato Vitige.

Ma Belisario, intenzionato a sottomettere tutta l'Italia, annientando totalmente il Regno Ostrogoto, e a condurre prigioniero Vitige a Costantinopoli, andò su tutte le furie. Gli ambasciatori parlarono poi con Vitige e i Goti si trovarono disposti ad accettare le condizioni di pace, che del resto erano migliori di quanto si aspettassero, ma, temendo una frode da parte dei "Romani" (ovvero dei Bizantini), accettarono solo a patto che gli accordi foss Dopo aver detto ciò, tutti ad alta voce proclamarono ottime le imperiali determinazioni e, su richiesta di Belisario, le misero per iscritto.

Nel frattempo i Goti, oppressi dalla fame e scontenti del loro re Vitige, offrirono a Belisario di diventare Imperatore romano d'Occidente in cambio della sottomissione; Belisario finse di accettare l'offerta, non perché volesse usurpare il trono a danni di Giustiniano, ma per ottenere con l'astuzia la resa di Ravenna.[1] Allora, Belisario parlò con gli ambasciatori di Giustiniano chiedendo loro se non fosse anche per l'oro un'impresa grande e meritevolissima di lunga fama il sottomettere Vitige e i Goti, impossessarsi di tutte le loro ricchezze, e conquistare tutta l'Italia. Essi risposero di sì e lo pregarono di trovare un modo per raggiungere questi scopi.[1] Belisario allora spedì alcuni dei suoi famigliari a Vitige e ad alcuni ottimati dei Goti invitandoli a mantenere la promessa. I Goti, oppressi dalla fame, inviarono allora messi all'accampamento di Belisario con l’ordine di non dire a nessuno del popolo per quale motivo vennero mandati all'accampamento, e, parlando con Belisario, accettarono la resa a condizione che non avrebbe per niente molestato i Goti e sarebbe diventato signore degli Italici e dei Goti. Belisario rispose che avrebbe mantenuto il giuramento, che disse avrebbe pronunciato a Ravenna alla presenza dello stesso Vitige e degli altri ottimati. Gli oratori allora lo esortarono ad entrare a Ravenna. Belisario incaricò allora Bessa, Giovanni, Arazio e Narsete, con cui non aveva buoni rapporti, a raccogliere le necessarie provviste, dicendo falsamente loro che ce n'era bisogno; e questi obbedirono partendo con Atanasio prefetto del pretorio venuto da poco da Bisanzio. Dopodiché Belisario, con il resto dei suoi uomini, partì con gli ambasciatori alla volta di Ravenna, dopo aver imposto ai vascelli riempiti di grano e di altro di sbarcare a Classe, il porto di Ravenna. L'esercito di Belisario entrò a Ravenna, e all'entrata le mogli dei Goti sputarono in faccia ai mariti, tacciandoli di vigliaccheria.

Belisario fece prigioniero Vitige, trattandolo tuttavia bene, e depredò il tesoro dei Goti, pur guardandosi bene dallo spogliare barbaro alcuno, e stando attento a far sì che l’intero esercito imitasse l’esempio suo. Dopo la caduta di Ravenna, molte guarnigioni gote spedirono ambasciatori a Belisario annunciando la loro resa; Belisario marciò allora per occupare Treviso e altre fortezze nella Venezia, ottenendo anche la resa di Cesena, l'unica citta dell'Emilia ancora in mani nemiche.

Successivamente però alcuni generali sembra abbiano calunniato Belisario, accusandolo di volere usurpare la porpora, e Giustiniano, anche perché aveva bisogno di Belisario in Oriente contro i Persiani, lo richiamò a Costantinopoli.[2] Belisario obbedì, generando l'ira dei Goti che ancora pensavano che Belisario sarebbe diventato loro re. I Goti ancora in armi nell'Italia transpadana allora elessero re Ildibado, continuando la resistenza armata contro i Bizantini. Belisario, ritornato a Costantinopoli, fu accolto freddamente da Giustiniano, che non volle conferirgli l'onore del trionfo.

La guerra si concluse solo nel 553 con la vittoria bizantina.

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