Corrente letteraria fiorita in Italia, con epicentro a Firenze, intorno al 1930 e notevole soprattutto nel campo della poesia
Importante è anche il ruolo giocato dalla critica, in particolare dalle riviste Frontespizio e Campo di Marte, che diede ai poeti ermetici i connotati di un gruppo fortemente omogeneo, quasi una scuola,
Si riconoscono appartenenti a questo movimento (il cui nome si deve al critico Francesco Flora) i poeti che scrivono sulla rivista Solaria, M. Luzi, A. Gatto, Vittorio Sereni, L. Sinisgalli, S. Quasimodo, P. Bigongiari, Carlo Betocchi, Attilio Bertolucci.
Giuseppe Ungaretti ed Eugenio Montale sono posti da alcuni critici tra gli Ermetici, da altri sono considerati precursori del movimento.
I Poeti ermetici sono annoverabili nella linea novecentesca che prende il via dalla grande lezione del Simbolismo e del Decadentismo francese, in particolare di Mallarmé, Rimbaud, Verlaine e Paul Valéry. Poeti allora giovanissimi e critici come C. Bo, considerato il teorico dell’Ermetismo ( a lui si deve la fortunata formula chiaramente antidannunziana di "Letteratura come vita’ che fu una sorta di etichetta per il movimento ermetico) trovarono un moderna koinè poetica all'insegna della ‘poesia pura’, libera cioè da ogni finalità pratica, una poesia senza scopo educativo, e di un linguaggio quasi iniziatico, chiuso e volutamente complesso a causa del tipico susseguirsi di analogie di difficile interpretazione.
Gli Ermetici:
- rifiutano le formule lise della poesia dell'Ottocento (non sono i soli),
- rifuggono la sintassi complessa e la discorsività,
- usano un linguaggio scarno e ricercato a un tempo (come Ungaretti)
- usano versi brevi spezzati con ampi silenzi (come Ungaretti)
- non spigano le analogie e le "occasioni" (come Montale)
- spesso parlano di assenza e del male di vivere
- molti sono cattolici
G. Ungaretti ed E. Montale furono eletti a capiscuola, in particolare il Sentimento del tempo e Le occasioni sono le raccolte poetiche più vicine all'Ermetismo, ma i due grandi maestri non vanno annoverati tra gli ermetici. Questo, che pure abitava a Firenze e frequentava gli stessi salotti prese pubblicamente le distanze, quello ne anticipa solamente alcune tematiche.
Cifra comune dei poeti Ermetici è il contrasto fra il mondo reale e quello che l’artista sente pulsare dentro di sé, e del quale può appagarsi. Un tale contrasto si risolve nella "assenza", che non è inerzia, ma attesa della verità da parte del poeta e stupore della sua scoperta, nella escavazione interiore, nel ripiegamento sulle proprie inquietudini spirituali.
Carattere costante è la ricerca di una poesia essenziale, nella quale la parola abbia una sua assolutezza nuda e la espressione rifugga da ogni abbandono alla retorica, alla discorsività, al sentimentalismo, profilandosi come dettata da improvvisa illuminazione.
La parola, insomma, assume un valore enorme, totalitario ed è strumento catartico, liberatorio. Il poeta ermetico rifiuta la parola come "scambio" (da ciò deriva la oscurità di significato per colui che, accostandosi a questo tipo di lirica, voglia leggere la parola in tale senso). Essendo creazione e rivelazione, la parola è allusiva, imprevedibile, non sempre rispondente al senso lessicale e spesso iperbolica, più adatta a smaterializzare il dato di fatto che a renderlo nella sua concretezza.
[...] I nessi tra le immagini non ripetono quelli della realtà e della logica della lingua parlata; ma insorgono fra le parole rapporti nuovi e invisibili, accostamenti imprevisti, in una successione di forme ellittiche. Queste forme trovano la loro espressione più alta nella analogia, la quale elimina la tradizionale figura della similitudine, e quindi l’uso del come tra termini distanti.[...] Con la nuova visone della poesia, che si disse "pura" perché libera da qualsiasi legame con l’esterno, autonoma nei confronti di ogni disciplina, gli ermetici si ritrovarono coscientemente isolati nell’esercizio di un’arte gelosa di sé, raffinatissima nella sua ricerca formale, tale da riempire la vita morale e intellettuale del poeta. Si è voluto vedere in ciò una reazione non clamorosa, ma sdegnosa e seria, alla storia vociante e piazzaiola del Fascismo.
Nell'immediato dopoguerra una lunga querelle contrappose gli ermetici e i fautori dell’impegno politico e sociale.
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